martedì 22 giugno 2010

LA BUONA FAMIGLIA MUSULMANA

Diritti e doveri con il Corano

I numerosi riferimenti alla famiglia e alle sue regole, contenuti nei versetti del Corano, dimostrano l'importanza che essa riveste nella comunità musulmana. Il matrimonio è considerato uno dei maggiori doveri del credente. A integrazione e interpretazione di quanto prescritto nel Corano, i diritti e i doveri dei vari membri all'interno della famiglia, con maggior riguardo a marito e moglie, sono chiaramente analizzati e fissati nel Diritto islamico di famiglia. Esso, come è noto, fu elaborato dalle scuole di diritto musulmano fra l'VIII e il X sec. sulla base non solo del Corano.

Noi cercheremo di individuare, all'interno del testo sacro, alcuni fra i versetti più significativi sulla famiglia. Talvolta, per una maggior comprensione del Corano, faremo riferimento all'interpretazione datane dal Diritto islamico.

La nostra analisi tuttavia è incompleta. Ciò che dice il Corano al riguardo non è organico né esaustivo e non offre, da solo, un quadro completo dei diritti e doveri dei vari membri della famiglia.

Sono molto numerosi nel Corano i versetti relativi al matrimonio, al suo scioglimento e ai rapporti fra i vari membri della famiglia, principalmente fra i coniugi.

Matrimonio

Il matrimonio musulmano è un contratto di puro diritto civile che ha per oggetto il semplice godimento fisico della donna da parte dell'uomo. È la sola forma legittima di unione fra i sessi; non è un sacramento, ma ha comunque un valore altamente religioso, perché permette la crescita e la stabilità dell'unità di base della società, la famiglia musulmana, per mezzo della quale il mondo è popolato di musulmani allo scopo di realizzare il volere di Dio nella storia. Oltre ad essere una salvaguardia per la castità ("Chi può permettersi il matrimonio, si sposi. Ciò, infatti, è molto meglio agli occhi della gente ed è più sicuro per l'intimità", dice un hadìth), esso è un dovere, religioso e civile insieme, per ogni musulmano che sia fisicamente ed economicamente in grado di contrarlo: "Non v'è celibato nell'Islàm", dice il Profeta in un hadìth.

Perché un matrimonio sia valido non devono esservi impedimenti: secondo il diritto musulmano essi derivano da parentela, esistenza di un precedente triplice ripudio, differenza di culto, esistenza di un precedente matrimonio, disparità di condizione sociale.

- Impedimenti per parentela (consanguineità, affinità e allattamento). "E non sposate le mogli già sposate ai vostri padri […]- V'è proibito prendere in spose le vostre madri, le vostre figlie, le vostre sorelle, le vostre zie paterne e materne, le figlie del fratello e le figlie della sorella, le nutrici che vi hanno allattato, le vostre sorelle di latte, le madri della vostre mogli, le vostre figliastre che son sotto la vostra tutela, figlie di vostre mogli con le quali abbiate avuto rapporti maritali […] le legittime mogli dei vostri figli, i quali sono dei vostri lombi; e […] due sorelle insieme[…] - e tutte le donne maritate vi sono anche interdette, escluse le ancelle in vostro possesso […]" (Cor. 4, 22-24).

- Impedimento per precedente triplice ripudio (ne parleremo più avanti a proposito del divorzio).

- Impedimento per differenza di culto. Il diritto musulmano afferma che un musulmano può sposare una donna musulmana, cristiana o ebrea [coloro cui fu dato il Libro], ma non un'idolatra o un'apostata; una donna musulmana può sposare solo un musulmano.

"Non sposate donne idolatre finché non abbian creduto, ché è meglio una schiava credente che una donna idolatra, anche se questa vi piace, e non date spose donne credenti a idolatri finché essi non abbian creduto, perché lo schiavo credente è meglio di un uomo idolatra, anche se questi vi piaccia. […]" (Cor. 2, 221); "[…] e vi sono permesse, come mogli, le donne oneste di fra le credenti, come anche le donne oneste di fra coloro cui fu dato il Libro prima di voi, purché diate loro le doti, vivendo castamente, senza fornicare e prendervi amanti. […]" (Cor. 5,5).

Disse il Profeta in un hadìth: "Puoi sposare una donna per quattro cose: per la sua ricchezza, per la sua famiglia, per la sua bellezza, per la sua devozione. Ma cerca di prendere quella che possiede la devozione, malandrino!"

- Impedimento per precedente matrimonio. Secondo il diritto musulmano un uomo già sposato con quattro mogli legittime non può sposarne altre. La donna, invece, può sposare un uomo solo per volta, perché possa essere assicurata la paternità dei figli, data la struttura patrilineare della società in cui i figli appartengono alla famiglia del padre. La donna ripudiata o vedova, durante il periodo del ritiro legale [vedi più avanti], non può risposarsi.

"Se temete di non esser equi con gli orfani, sposate allora di fra le donne che vi piacciono, due o tre o quattro, e se temete di non esser giusti con loro, una sola, o le ancelle in vostro possesso; questo sarà più atto a non farvi deviare." (Cor. 4,3); "Anche se lo desiderate non potrete agire con equità con le vostre mogli; però non seguite in tutto la vostra inclinazione, sì da lasciarne una come sospesa. Se troverete un accordo, e temerete Iddio, Dio è misericordioso e clemente" (Cor. 4, 129). I versetti citati introducono il controverso tema della poliginia e sono stati diversamente interpretati: il primo (Cor. 4, 3) viene solitamente considerato come restrittivo: la difficoltà di esser equi con tutte le mogli pare infatti secondo alcune interpretazioni raccomandare la monogamia. Altri vedono invece in esso un'esortazione: Muhammad non avrebbe infatti inteso eliminare la poliginia, ma anzi l'avrebbe incoraggiata per un motivo ben preciso: in quel momento storico la comunità musulmana contava più uomini che donne e spesso le donne orfane erano defraudate dai loro tutori che approfittavano della situazione. Era quindi necessario dare marito rapidamente alle vedove e alle orfane. Il secondo versetto, invece, è quello in cui troverebbe conferma l'interpretazione più restrittiva, dal momento che in esso si dichiara impossibile comportarsi equamente con le varie mogli.

"Se qualcuno di voi muore e lascia delle mogli, queste attenderanno per quattro mesi e dieci giorni; trascorso questo periodo, non avrete, o tutori, alcuna responsabilità di quello ch'esse vorran fare di se stesse onestamente. […] - Non v'è nulla di male se farete in questo periodo proposte di matrimonio a queste donne, o se celerete questa intenzione nei vostri cuori […] e non decidete di unirvi con loro in matrimonio finché la prescrizione non sia giunta al suo termine […]" (Cor. 2, 234,235). In conseguenza di un divorzio o nel caso in cui muoia il marito, la donna deve osservare un periodo di ritiro legale prima di potersi risposare: ciò affinché sia possibile una riconciliazione con il marito, e perché non ci siano dubbi sulla paternità del figlio.

Perché un matrimonio sia valido è necessario inoltre il consenso della donna. Dice il Profeta in un hadìth: "Non sposate una divorziata o una vedova, se non su sua richiesta e non sposate una nubile, se non con il suo consenso; e valga come consenso il suo silenzio".

Scioglimento del matrimonio

Data l'importanza del matrimonio nella comunità musulmana, è ovvio che lo scioglimento dello stesso sia sempre sconsigliato, tanto che Muhammad avrebbe detto in un hadìth: "Tra le cose lecite, il ripudio è la più odiosa al cospetto di Dio". È dunque cosa lecita, cui tuttavia si può ricorrere solamente qualora i coniugi non riescano a vivere più in armonia.

Il "ripudio" è la rinuncia da parte del marito ai diritti che ha acquistato in virtù del contratto nuziale, e la capacità di dar ripudio appartiene solo all'uomo. Secondo il diritto musulmano fra la dichiarazione di ripudio da parte del marito e lo scioglimento del matrimonio deve trascorrere un periodo di tempo (periodo del ritiro legale) di tre mesi (tre periodi intermestruali della donna), in cui i coniugi si astengono dai rapporti sessuali. Finché dura questo periodo il ripudio è revocabile, di modo che il marito abbia la possibilità di ripensarci ed eventualmente di tornare sulla decisione presa; trascorso il periodo senza che il marito abbia cambiato idea, il ripudio diventa irrevocabile e il matrimonio è sciolto. È possibile, sempre entro questo periodo, pronunciare un secondo ripudio revocabile cui segue un periodo d'attesa; se però lo si pronuncia una terza volta, il ripudio diventa irrevocabile e definitivo; inoltre, i due coniugi non possono risposarsi finché la moglie non abbia consumato un matrimonio valido con un terzo e abbia divorziato da lui. Queste disposizioni servivano a evitare che il marito ripudiasse ripetutamente la moglie, facendola poi tornare ogni volta per indurla a rinunciare alla dote in cambio della libertà definitiva.

Esiste un divorzio per mutuo consenso cui accenna il Corano: il marito si spoglia della sua autorità maritale e lascia libera la moglie di disporre di sé mediante un'indennità che la moglie si obbliga a pagargli (Cor. 2, 229).

"O Profeta! Quando divorzierete le vostre donne, divorziatele allo spirare del periodo d'attesa […] non le scacciate dalle loro case, ed esse non ne escano se non quando abbiano commesso qualche manifesta turpitudine […]. - E quando sian giunte al termine loro, trattenetele con gentilezza o con gentilezza separatevene. […] (Cor. 65, 1,2). Vedi anche Cor. 65, 4 e 65, 6.

"A coloro che giurano di separarsi dalle loro donne è imposta un'attesa di quattro mesi. Se ritornano sul loro proposito, ebbene Dio è indulgente e perdona, - e se poi saran confermati nella loro decisione di divorziarle, Iddio ascolta e conosce. - Quanto alle divorziate, attendano, prima di rimaritarsi, per tre periodi mestruali. E non è loro lecito nascondere quel che Iddio ha creato nel loro ventre […]. Che è più giusto che i loro mariti le riprendano quando si trovano in questo stato, se vogliono rappacificarsi. Esse agiscano coi mariti come i mariti agiscono con loro, con gentilezza; tuttavia gi uomini sono un gradino più in alto, e Dio è potente e saggio." (Cor. 2, 226-228).

"Il ripudio v'è concesso due volte: poi dovete o ritenerla con gentilezza presso di voi, o rimandarla con dolcezza; e non v'è lecito riprendervi nulla di quel che avete loro dato; a meno che ambedue non temano di non poter osservare le leggi di Dio, non sarà peccato se la moglie si riscatterà pagando una somma […] - Dunque se uno ripudia per la terza volta la moglie essa non potrà più lecitamente tornare da lui se non sposa prima un altro marito; il quale, se a sua volta la divorzia, non sarà peccato se i due coniugi si ricongiungano […]."(Cor. 2, 229-230).

"E le madri divorziate allatteranno i loro figli per due anni pieni se il padre vuole completare l'allattamento, e il padre è obbligato a fornir loro gli alimenti e le vesti […].Se poi i due coniugi vorranno interrompere l'allattamento di comune accordo […] non faranno alcun peccato […]" (Cor. 2, 233).

Diritti e doveri

- Adulterio. "L'adultero e l'adultera siano puniti con cento colpi di frusta ciascuno, né vi trattenga la compassione che provate per loro dall'eseguire la sentenza di Dio […] - L'adultero non potrà sposare che l'adultera o una pagana, e l'adultera non potrà esser sposata che da un adultero o da un pagano: il connubio con loro è proibito ai credenti." (Cor. 24, 3-4). Vedi anche Cor. 4, 15-16.

- Prescrizioni sessuali. "V'è permesso, nelle notti del mese del digiuno, d'accostarvi alle vostre donne: esse sono una veste per voi e voi una veste per loro […] fino a quell'ora dell'alba in cui potrete distinguere un filo bianco da un filo nero, poi compite il digiuno fino alla notte e non giacetevi con le vostre donne, ma ritiratevi in preghiera nei luoghi d'orazione. […] (Cor. 2, 187).

"Ti domanderanno ancora delle mestruazioni. Rispondi: "È cosa immonda. Pertanto astenetevi dalle donne durante le mestruazioni e non avvicinatevi loro finché non si siano purificate, e quando si saranno purificate accostatevi a loro dalla parte che Dio v'ha comandato, poiché Dio ama i pentiti, ama i puri" (Cor. 2, 222).

"Le vostre donne sono come un campo per voi, venite dunque al vostro campo a vostro piacere, ma premettete qualche atto pio, utile a voi […] (Cor. 2, 223).

- Valori morali: modestia, pudicizia, onestà, castità e amore. "E dì alle credenti che abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne e non mostrino troppo le loro parti belle, eccetto quel che di fuori appare, e si coprano i seni d'un velo e non mostrino le loro parti belle altro che ai loro mariti o ai loro padri o ai loro suoceri […] e non battano assieme i piedi sì da mostrare le loro bellezze nascoste […]" (Cor. 24, 31); "E le donne che han raggiunto la menopausa e che non sperano più di sposarsi, non è peccato per loro se depongono le loro vesti, senza però mostrare le loro parti belle. Ma, se se ne asterranno, sarà meglio per loro […]" (Cor. 24, 60).

Il Corano insiste molto sul valore dell'onestà: Corano 16, 90-91. Onestà verso gli orfani: Cor. 17, 34-35; onestà verso la donna: "In verità coloro che calunniano donne oneste, incaute ma credenti, saran maledetti in questo mondo e nell'altro e toccherà loro castigo tremendo" (Cor. 24, 23) e Cor. 2, 232.

"[Beati i credenti] che la castità custodiscono - (eccetto che con le proprie mogli e con quello che le loro destre posseggono, che in questo non son da biasimare" (Cor. 23, 5-6).

Il Corano e molti hadìth ribadiscono spesso che il matrimonio si fonda sull'amore fra i coniugi. "E uno dei Suoi Segni è che Egli v'ha create da voi stessi delle spose, acciocché riposiate con loro, e ha posto fra di voi compassione ed amore. […]" (Cor. 30, 21).

- Doveri della moglie. Un principio fondamentale nella religione islamica è quello dell'obbedienza. Si deve obbedienza a Dio, al Profeta e alle autorità: "O voi che credete! Obbedite a Dio, al Suo Messaggero e a quelli di voi che detengono l'autorità […] (Cor. 4, 59). Il dovere principale di una moglie è proprio l'obbedienza al marito "per le cose lecite": "Gli uomini sono preposti alle donne, perché Dio ha prescelto alcuni esseri sugli altri e perché essi donano dei loro beni per mantenerle; le donne buone sono dunque devote a Dio e sollecite della propria castità, così come Dio è stato sollecito di loro; quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nei loro letti, poi battetele; ma se vi ubbidiranno, allora non cercate pretesti per maltrattarle; ché Iddio è grande e sublime." (Cor. 4, 34). A proposito dei maltrattamenti verso le donne, dice il Profeta in un hadìth: "Nessuno di voi picchii la sua donna come si picchia uno schiavo e poi si unisca con lei al termine di quello stesso giorno".

- Doveri del marito.Il primo dovere del marito per poter godere dei diritti matrimoniali è quello di donare alla sposa la dote. Il Corano la attribuisce interamente alla donna, che può gestirla come vuole. Un altro dovere del marito è di provvedere al mantenimento della o delle mogli in modo conveniente alla loro posizione sociale.

"Date spontaneamente alle donne la dote; e se loro piace farvene partecipi godetevela pure in pace e tranquillità" (Cor. 4, 4). Vedi anche i versetti: Cor. 60, 10-11 e i su citati: Cor. 2, 229, 236-237.

Per quanto riguarda il mantenimento vedi anche i versetti su citati, relativi al divorzio.

La donna vedova ha diritto al mantenimento per un anno dopo la morte del marito: "Quelli di voi che moriranno lasciando delle mogli, assegnino per testamento alle loro mogli beni sufficienti per vivere per un anno dopo la loro morte, sì da non costringerle ad essere cacciate di casa. Se poi esse stesse se ne andranno, voi non avete alcuna colpa delle decisioni che esse prenderanno per sé, con onestà […]" (Cor. 2, 240).

"Alle ripudiate spettano mezzi di sussistenza secondo onestà […]" (Cor. 2, 241).

Dice un hadìth: "Quando un musulmano fa delle erogazioni a favore della sua famiglia, cercando da esse la ricompensa di Dio, gli vengono contate come elemosina."

Genitori e figli

I figli sono un dono di Dio: "A Dio appartiene il Regno dei cieli e della terra, Egli crea quel che vuole, concede a chi vuole femmine, concede a chi vuole maschi, - oppure appaia assieme maschi e femmine, e rende chi Egli vuole, sterile. […]" (Cor. 42, 49-50).

Il sacrificio per la nascita di un figlio, già in uso presso gli antichi Arabi, si è conservato nell'Islàm, ma ad esso si accenna soltanto nei hadìth: "Chi vuole offrire per la nascita di un suo figlio una vittima, lo faccia".

- Doveri dei figli verso i genitori. Sono rispetto ed obbedienza, doveri su cui il Corano e i hadìth insistono particolarmente e che l'etica religiosa pone al di sopra di tutti gli obblighi; infatti, il figlio disubbidiente viene considerato addirittura incapace di testimoniare. Tuttavia, il figlio può disobbedire nel caso in cui i genitori gli ordinino di fare una cosa contraria ai precetti dell'Islàm. Se può, il figlio è tenuto a mantenere i genitori indigenti.

"Dì: "Venite e vi reciterò io quello che il vostro Signore vi ha proibito: cioè di non darGli alcun compagno, d'esser buoni con i vostri genitori, di non uccidere i vostri figli per paura della miseria (Noi provvederemo a voi e a loro!) […]" (Cor. 6, 151).

"Il tuo Signore ha decretato che non adoriate altri che Lui, e che trattiate bene i vostri genitori. Se uno di essi, o ambedue, raggiungon presso di te la vecchiaia, non dir loro: "Uff!", non li rimproverare, ma dì loro parole di dolcezza. - Inclina davanti a loro mansueto l'ala della sottomissione e dì: "Signore, abbi pietà di loro, come essi han fatto con me, allevandomi quando ero piccino!" (Cor. 17, 23-24). "Ma se tuo padre e tua madre s'industrieranno a che tu associ a Me quel che non conosci, tu non obbedir loro, fa loro dolce compagnia in questo mondo terreno, ma tu segui la Via di chi si è volto a Me. […]" (Cor. 31, 15). Vedi anche Cor. 29, 8 e Cor. 46, 15.

Secondo un hadìth "i peccati più gravi" sono "il politeismo, l'omicidio e la disobbedienza ai genitori."

Rispetto e pudicizia nei confronti dei genitori: "O voi che credete! Che i vostri servi e quelli di voi che non abbiano ancor raggiunto la pubertà, vi chiedano il permesso prima di entrare, in tre momenti della giornata, prima della Preghiera dell'alba, quando deponete gli abiti a mezzogiorno, e dopo la Preghiera della sera: son questi tre momenti in cui si posson vedere le vostre nudità; invece non vi sarà alcun peccato né per voi, né per loro se in altri momenti entrino senza permesso […] - E quando i vostri bambini raggiungono la pubertà domandino sempre il permesso, per entrare, come lo domandano i più anziani." (Cor. 24, 58-59).

- Diritti e i doveri dei genitori verso i figli. Secondo il diritto musulmano la paternità viene stabilita o in base alla nascita entro un certo limite di tempo dall'inizio o dalla fine del matrimonio, o dall'esplicito riconoscimento da parte del padre. La madre ha il dovere di allattare i figli e il diritto di avere la loro custodia finché essi abbiano raggiunto una data età. La tutela legale sui figli dà al padre, oltre al potere di coazione matrimoniale sui figli impuberi, il diritto di amministrare e di disporre come vuole dei loro beni. Ha su di loro un moderato potere di correzione; è suo dovere provvedere alla loro educazione e al loro mantenimento. Un padre deve mantenere i figli che appartengono a queste categorie: i figlio neonato; il figlio di un figlio che non sia in grado di farlo; il figlio minorato o studente; la figlia nubile di qualsiasi età; la vedova o divorziata se è malata.

È vietata la pratica dell'infanticidio: ai tempi di Muhammad essa era molto diffusa, soprattutto nei confronti delle neonate, a causa del disonore cui dava origine la nascita di una figlia in una società in cui la forza fisica era di fondamentale importanza: "e quando s'annuncia a un di loro una figlia se ne sta corrucciato nel volto, rabbioso. - E s'apparta dalla sua gente vergognoso della disgrazia annunciata, e rimugina fra sé ignominiosamente tenersela, o seppellirla viva nella terra! Malvagio giudizio il loro!" (Cor. 16, 58-59)."E non uccidete i figli vostri per tema di cader nella miseria: Noi siamo che li provvediamo, e voi, badate! Ché l'ucciderli è peccato grande." (Cor. 17, 31).

- Figli adottivi. "Dio non ha […] fatto […] dei vostri figli adottivi dei veri figli […] - Chiamate i vostri figli adottivi dal nome dei loro veri padri: questo è più equo agli occhi di Dio. E se non conoscete i loro padri, siano essi vostri fratelli nella religione e vostri protetti […]" (Cor. 33, 4-5). "E quando Zayd ebbe regolato con lei ogni cosa, te la facemmo sposare, affinché non sia peccato per i credenti sposar le mogli divorziate dei figli adottivi allorché questi abbiano regolato ogni cosa con loro […]" (Cor. 33, 37).

- Orfani. Il tema dell'orfano compare in numerosi versetti del Corano; infatti Muhammad visse in prima persona la dolorosa esperienza dell'orfano: suo padre morì prima della sua nascita e sua madre quando lui aveva appena sei anni.

"E date agli orfani i loro beni e non scambiate il buono col cattivo, e non incamerate i loro beni ai vostri ché questo è peccato grande" (Cor. 4, 2). "Sperimentate gli orfani finché giungano all'età del matrimonio, e, se li troverete capaci, rendete loro i loro beni, e non consumateli scialacquando impazientemente, prima che sian giunti alla maggiore età; se il tutore è ricco se ne astenga del tutto, se è povero usi di quelle sostanze con discrezione; quando poi restituite loro i beni, prendete dei testimoni a vostro discarico […]." (Cor. 4, 6).

Sullo stesso tema vedi anche i versetti: Cor. 2, 220, Cor. 4, 8-10, Cor. 4, 127 e Cor. 6,152.

In un hadìth, il Profeta annovera fra i peccati mortali il "mangiarsi i beni degli orfani".

Parenti

La famiglia arabo-musulmana è una "famiglia estesa", da intendersi come insieme di gruppi legati da rapporti di parentela. I legami di solidarietà e di interdipendenza che esistono al suo interno sono un fattore di grande sicurezza per i membri che ne fanno parte: nessuno, è lasciato da solo, perché la parentela ha sempre il dovere di intervenire in soccorso.

"Ti chiederanno che cosa dovran dar via dei loro beni. Rispondi: 'Quel che date via delle vostre sostanze sia per i genitori, i parenti, gli orfani, i poveri, i viandanti; tutto ciò che farete di bene, Dio lo saprà". (Cor. 2, 215); "Adorate dunque Iddio e non associateGli cosa alcuna, e ai genitori fate del bene, e ai parenti e agli orfani e ai poveri e al vicino che v'è parente e al vicino che v'è estraneo […] poiché Dio non ama chi è superbo e vanesio" (Cor., 4, 36); "In verità Iddio ordina […] l'amore ai parenti […]" (Cor. 16, 90).

Eredità

La legge coranica sull'eredità è contenuta principalmente nei versetti 7, 8, 11-12,176 del capitolo 4 del Corano (che non riportiamo interamente data la loro lunghezza e complessità) e viene così riassunta e semplificata da un autorevole commentatore musulmano: "Togliere i debiti, poi eseguire i lasciti particolari se ve ne sono. Dare poi alla moglie o al marito dell'estinto la sua porzione. Sul resto, dare la sua parte al padre o alla madre, e dividere quel che ancora resta fra i figli dando al figlio due volte più che alla figlia: In caso che il morto non abbia figli, la porzione dei genitori viene aumentata e una parte è data anche a fratelli e sorelle; mentre se il morto non ha né genitori viventi né figli il tutto è preso dai fratelli e dalle sorelle".

Il testamento è un atto doveroso, che deve essere compiuto davanti a testimoni, e Muhammad, così come le tradizioni, lo raccomanda con insistenza. Con il testamento il Profeta intendeva integrare la successione legittima, assicurando sulla parte disponibile della successione la sorte dei parenti più poveri, che la legge escludeva dall'eredità, e provvedendo ad atti di beneficienza.

"Quando a qualcuno di voi si presenti la morte, v'è prescritto, se lascia dei beni, di farne testamento ai genitori e ai parenti con equità; è un dovere questo per gli uomini timorati di Dio." (Cor. 2, 180). Vedi anche fra i versetti relativi al divorzio Cor. 2, 240.

"Quando siano presenti alla divisione dell'eredità i parenti, gli orfani, i poveri, datene loro parte e dite loro parole gentili". (Cor. 4, 8)

"Siano presenti dei testimoni quando chi fra voi è per morire farà testamento.[…]" (Cor. 5, 106).

Come abbiamo visto, è molto ampio lo spazio che il Corano dedica alla famiglia. Numerosi versetti insistono sull'importanza di mantenere buoni rapporti parentali, di amarsi, di essere onesti, gentili e disponibili con tutti i membri. Tutto ciò, però, ricorda insistentemente il Corano, passa in secondo piano di fronte a Dio e alla fede in Lui: se un membro della famiglia si allontana da Dio e dalla Sua Legge, non lo si deve più ascoltare né riconoscergli alcuna autorità.

"O voi che credete! Non prendete per patroni e alleati i vostri padri e i vostri fratelli se questi preferiscono l'empietà alla Fede. Chi di voi li prenderà per patroni e alleati, sarà degli Iniqui." (Cor. 9, 23).

"Non s'addice al Profeta e ai credenti di chieder perdono per gli idolatri, anche se prossimi parenti, dopo che è apparso chiaro che son gente d'inferno". (Cor. 9, 113).

"Non vi gioveranno i vostri parenti né i vostri figli il Giorno della Resurrezione, il quale si frapporrà fra voi divisore […]" (Cor. 60, 3).

Liliana Arduino

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